LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 115/94/ord. sui ricorsi in
 materia di pensione civile, proposti dai signori:
      Ferrante Matteo, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Roccella
 presso   il  cui  studio  in  Palermo,  via  A.  Telesino  n.  26  e'
 elettivamente  domiciliato  (giudizio  n.  2907/C  del  registro   di
 segreteria), avverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
      Manganaro   Maria,   vedova   del   dott.   Antonino   Calabro',
 elettivamente domiciliata in Palermo, via Mario Rutelli n. 26  presso
 lo  studio  dell'avv.  Pietro Milio, avverso il Ministero di grazia e
 giustizia (giudizio n. 3384/C del registro di segreteria);
    Uditi nella pubblica udienza  del  2  febbraio  1994  i  relatori,
 consiglieri  dott.  Francesco  Rapisarda  e  primo referendario dott.
 Giuseppe Aloisio, e l'avv. Fabio Roccella;
    Esaminati gli atti ed i documenti della causa;
                               F A T T O
    Con i ricorsi introduttivi dell'odierno giudizio  pensionistico  i
 ricorrenti   hanno   chiesto   il  riconoscimento  del  diritto  alla
 riliquidazione del loro trattamento pensionistico  sulla  base  della
 retribuzione  spettante  a  magistrati, procuratori ed avvocati dello
 Stato in servizio, in applicazione delle statuizioni contenute  nella
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  501  del  5  maggio 1988,
 assumendo quale parametro non gia'  lo  stipendio  vigente  nel  1983
 (come  operato  dalle  rispettive  amministrazioni),  ma lo stipendio
 tabellare con tutti gli adeguamenti intervenuti  sino  alla  data  di
 riliquidazione della pensione, e cioe' sino al 1 gennaio 1988.
    In  particolare,  il dott. Ferrante ha inoltre chiesto il costante
 adeguamento del suo  trattamento  pensionistico  con  proiezione  nel
 futuro, e quindi anche per gli anni successivi al 1988.
    Con  successiva memoria del 22 gennaio 1994 l'avv. Fabio Roccella,
 difensore del dott. Ferrante, rilevato che nel corso del giudizio  e'
 stata  promulgata  la legge 8 agosto 1991, n. 265, la quale, all'art.
 2, primo e secondo comma, ancora la riliquidazione delle pensioni  di
 magistrati ed avvocati dello Stato alle misure stipendiali vigenti al
 1  luglio  1983,  con  esclusione  degli adeguamenti periodici di cui
 all'art. 2 della legge n. 27 del 1981 e che la  Corte  costituzionale
 con  sentenza  n.  42  del  28 gennaio/10 febbraio 1993 ha dichiarato
 inammissibile   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 predetto art. 2 sollevata con ordinanza di questa sezione n. 9/92  in
 relazione  agli  artt.  3,  36  e 136 della Costituzione, considerata
 altresi'  contraddittoria  la   motivazione   addotta   dalla   Corte
 costituzionale con quella della precedente sentenza n. 501 del 1988 e
 ancora  valide  le  argomentazioni espresse nella citata ordinanza di
 rimessione n. 9/92, insiste nel proporre  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della legge n. 265/1991 con riferimento
 agli artt. 3, 36 e 136.
    Alla pubblica udienza, l'avv. Roccella osserva che a seguito della
 legge n. 265/1991 e'  stata  ripristinata  una  regolamentazione  del
 calcolo  delle  pensioni non conforme alle statuizioni della sentenza
 della Corte costituzionale n. 501 del 1988; risulta pertanto evidente
 che il legislatore  non  si  e'  voluto  adeguare  alla  sentenza  n.
 501/1988,    inspiegabilmente   contraddetta   dalla   stessa   Corte
 costituzionale con la recente sentenza n. 42 del 1993.
    Conclusivamente, il difensore insiste nel sollevare  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  2 della legge n. 265/1991 in
 relazione agli artt. 3, 36 e 136 della Costituzione.
                             D I R I T T O
    Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei  ricorsi,  per
 connessione oggettiva.
    La  questione  attinente  alla  riliquidazione  delle  pensioni di
 magistrati, procuratori ed avvocati dello Stato ha rappresentato  una
 vicenda giurisprudenziale molto complessa, che ha avuto - com'e' noto
 - il suo inizio con la sentenza della Corte costituzionale n. 501 del
 21   aprile-5   maggio   1988,  con  la  quale  e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 3, primo  comma,  e  6
 della  legge  17  aprile  1985,  n. 141, nella parte in cui non viene
 disposta a favore delle suddette categorie di pensionati, collocati a
 riposo  anteriormente  al  1  luglio  1983,  la  riliquidazione   del
 trattamento   pensionistico  sulla  base  del  trattamento  economico
 derivante dall'applicazione degli artt. 3 e 4 della  legge  6  agosto
 1984, n. 425, con decorrenza dal 1 gennaio 1988.
    Sostanzialmente   il  giudice  delle  leggi  ha  statuito  che  il
 legislatore avrebbe dovuto  adeguare  le  pensioni  in  oggetto  alle
 retribuzioni dei magistrati, procuratori ed avvocati dello Stato.
    La  sentenza  costituzionale  ha poi trovato continua applicazione
 nella giurisprudenza della corte dei  conti  (ed  in  particolare  di
 questa  sezione,  cui  si richiamano i ricorrenti), che in molteplici
 giudizi ha riconosciuto in favore dei ricorrenti:
      il diritto alla riliquidazione delle  pensioni,  con  decorrenza
 dal   1   gennaio   1988,  sulla  base  del  trattamento  stipendiale
 conseguente all'applicazione delle tabelle annesse alla legge  n.  27
 del  1981, degli adeguamenti di cui all'art. 2 della stessa legge con
 i benedici previsti dagli artt. 3 e 4 della legge n. 425 del 1984;
      il diritto alla applicazione degli artt. 15 della legge  n.  177
 del 1976 e 161 della legge n. 312 del 1980;
      il  diritto  alle  successive riliquidazioni autonomatiche delle
 pensioni sulla base degli adeguamenti triennali previsti dall'art.  2
 della  legge  n.  27  del  1981  (c.d.  "proiezione  nel  futuro" del
 meccanismo di adeguamento delle pensioni).
    L'interpretazione  e  l'applicazione operata dal giudice di merito
 sono  state  implicitamente  confermate  dal  legislatore  che,   nel
 disciplinare  il  sistema  perequativo delle pensioni con la legge 27
 febbraio 1991, n. 59, non ha compreso tra le categorie di  pensionati
 da "perequare" il personale di magistratura ed equiparato.
    Successivamente al deposito di alcuni ricorsi e' entrata in vigore
 la  legge  8  agosto  1991, n. 265, con la quale il legislatore - tra
 l'altro  -  disponeva  che  le  pensioni  spettanti   a   magistrati,
 procuratori ed avvocati dello Stato, collocati a riposo anteriormente
 al  1  luglio  1983,  sono  riliquidate con decorrenza 1 gennaio 1988
 sulla base delle misure stipendiali vigenti  al  1  luglio  1983,  in
 applicazione  degli  artt.  3  e  4 della legge n. 425 del 1984 e con
 esclusione degli adeguamenti periodici di cui all'art. 2 della  legge
 n.  27  del 1981 (art. 2, primo comma); con conseguenziale, rilevante
 discriminazione fra i ricorenti per i quali il giudice di  merito  si
 e' gia' pronunciato e coloro per i quali la causa non e' ancora stata
 posta in decisione.
    La  sezione,  in  giudizi aventi oggetto analogo a quello odierno,
 con l'ordinanza n. 9/92 del 27 gennaio 1992 ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale del predetto  art.  2,  primo  e  secondo
 comma,  della  legge n. 265 del 1991, in relazione agli artt. 3, 36 e
 136 della Costituzione.
    La Corte costituzionale ha dichiarato la  questione  inammissibile
 con sentenza n. 42 del 28 gennaio-10 febbraio 1993.
    Tuttavia,  il  collegio  reputa  fondata  la  riproposizione della
 questione di costituzionalita' dell'art. 2, primo comma, della  legge
 n.  265  del 1991, solo in relazione all'art. 136 della Costituzione,
 non avendo la Corte costituzionale nella citata sentenza  n.  42  del
 1993    trattato    direttamente    la    questione    (assorbendola,
 verosimilmente, nella piu' generale affermazione di  esercizio  della
 discrezionalita' da parte del legislatore nella materia de qua).
    Si  rileva  infatti  che  l'applicazione  al  caso  concreto della
 sentenza additiva n. 501/1988 della Corte costituzionale consegue  ad
 una  attivita'  interpretativa  che  l'ordinamento  giuridico demanda
 esclusivamente al giudice di merito.
    Il rigore dell'art. 136 della Costituzione, posto  a  salvaguardia
 di  tutto  il sistema della garanzia costituzionale, non consente una
 diversa applicazione, ed in particolare esclude (come ha rilevato  la
 Corte  costituzionale  con sentenza nn. 73 del 1963, 88 del 1966, 223
 del 1983 e 922 del 1988) un qualsiasi intervento del legislatore,  la
 cui   attivita'   e'   viziata  da  carenza  assoluta  di  competenza
 legislativa.
    Il contrasto della norma denunciata con l'art. 136  costituzionale
 e' maggiormente significativo se la stessa - come nel caso in esame -
 si  pone in conflitto sia con la pronuncia di incostituzionalita' sia
 con la costante interpretazione del giudice di merito attraverso  una
 sostanziale      riproduzione     della     disciplina     dichiarata
 costituzionalmente illegittimita, avente  efficacia  per  il  periodo
 gia' trascorso.
    La  questione  proposta,  inoltre,  e'  rilevante  poiche' solo la
 dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2, primo comma,  della
 legge n. 265 del 1991 consentirebbe il riconoscimento del diritto del
 ricorrente    alla    richiesta    riliquidazione   del   trattamento
 pensionistico.